Bob Dylan – Like a Rolling Stone: la canzone che ha cambiato tutto
Il 22 luglio 1965 usciva "Like a Rolling Stone", un singolo che avrebbe segnato una rottura radicale nella storia della musica. Sessant’anni dopo, è ancora lì, viva e sfacciata, come una scarica elettrica nella cultura contemporanea.
Bob Dylan, a soli 24 anni, scrisse un brano che non somigliava a nulla di quanto fosse mai stato trasmesso in radio. Sei minuti di rabbia poetica, suoni sporchi e domande taglienti. Era una sfida aperta al sistema, ed è ancora oggi un punto fermo nella musica del XX secolo.
La leggenda vuole che Dylan scrisse Like a Rolling Stone come un lungo flusso di coscienza, ridotto poi a una canzone. Le prime prove in studio furono difficili, confuse. Ma qualcosa cambiò quando Al Kooper, un giovane chitarrista, si infilò all’organo di nascosto: il riff che ne venne fuori divenne l’anima stessa del brano.Il risultato? Una canzone lunga sei minuti e 13 secondi, quando le radio rifiutavano tutto ciò che superava i tre. Una base rock-blues elettrica, un testo acido e visionario, e una voce che sputava verità più che cantarle.
Il cuore della canzone è tutto in quella domanda, ripetuta come un mantra:
“How does it feel / To be on your own / With no direction home / Like a complete unknown / Like a rolling stone?”
Dylan si rivolge a una donna caduta dal suo piedistallo sociale, ma in fondo sta parlando a tutti noi. È una riflessione sulla perdita, sull’identità, sulla libertà che nasce quando ogni certezza crolla.
È una canzone di verità, in cui il protagonista – o l’ascoltatore – perde tutto e forse trova sé stesso.
Il suo fascino non è solo nel testo, ma anche nella sua architettura musicale con l’organo di Al Kooper che per un errore diventato genio, poi la chitarra tagliente di Mike Bloomfield, il pianoforte pulsante, la batteria incalzante che detta il ritmo essenziale senza strafare.
Tutto nel brano sembra precario e potente al tempo stesso, quasi caos controllato, un equilibrio fragile tra poesia e rumore. È il Dylan che dice addio al folk acustico per entrare nel regno del rock.
Quando Like a Rolling Stone uscì, Dylan venne fischiato al Newport Folk Festival (25 luglio 1965) per aver osato suonare elettrico. I puristi si sentirono traditi, ma per tanti altri, fu la nascita di una nuova voce, quella del rock che sapeva essere letteratura, protesta, esperienza sensoriale.
Il singolo raggiunse il n. 2 nella Billboard Hot 100, dietro solo a “Help!” dei Beatles. Ma il vero successo fu nel tempo: la canzone non invecchierà mai.
Nel 2004, la rivista Rolling Stone l’ha incoronata “la più grande canzone di tutti i tempi”. E Dylan stesso, nella sua autobiografia Chronicles, ammise: “Non avevo mai scritto nulla di simile, e sapevo che non sarei più tornato indietro.”
Da Springsteen a Patti Smith, da Bowie a Neil Young, chiunque abbia mai scritto una canzone importante deve qualcosa a questo brano.
Nel 2025, Like a Rolling Stone non è solo un capolavoro da anniversario. È un promemoria: una canzone può essere un atto di ribellione, un’opera d’arte, un cambiamento culturale.
Ascoltarla oggi è come aprire una finestra in una stanza soffocante, è ancora una provocazione, una domanda scomoda, una verità che pulsa.
Anche a noi piacciono i Rolling Stones, per la musica e per ciò che rappresentano, come Bob Dylan!
E tu, how does it feel?
Approfondimenti:

No Direction Home, regia di Martin Scorsese (2005)

Chronicles: Volume One, Bob Dylan (2004)

Highway 61 Revisited, Columbia Records (1965)

Rolling Stone Magazine – Top 500 Songs (2004)