"L’idea che dà origine a Stay Here My Friends è nata
tre anni fa: comporre un album sull’importanza dell’amicizia come fil rouge tra
passato e futuro. Un concept
tematico, anche se sviluppa nei diversi pezzi le difficoltà
dell’uomo nell’affrontare gli urti della vita e, come pensiero di raccordo,
quanto l’amicizia sia necessaria affinché questi ostacoli vengano superati.
Nel
disco sono presenti tantissimi riferimenti ad altre sonorità, ma certamente la
nostra musica nasce da questo melting pot: il prog classico associato al metal e
all’alternative rock, ad esempio".
Due parole chiave sono evidenti e faranno gola ai cultori del
genere: concept album e progressive-rock. E' il succo della vicenda
dei Wish,
formazione romano-perugina attiva dal 1992 e arrivata, dopo varie
vicissitudini, al sospirato album d'esordio Stay Here My Friends. Un
debutto di ispirazione concettuale, incentrato sull'amicizia come tema cardine,
orientato a un progressive
moderno, che si nutre di tanti riferimenti contemporanei.
Stay Here My Friends affronta il tema dell'amicizia
come baluardo, racconta delle difficoltà di ogni individuo
nelle scelte affettive o religiose, nel
riconoscere la propria identità e il proprio ruolo nel mondo,
ma anche della risorsa principale per resistere alle avversità della vita. E
come sempre accade quando un album racconta una storia, la musica che la
supporta è orientata al progressive.
Quello dei Wish è
molto vicino all'idea del new
prog nato dagli anni '80, ma con un taglio personale, come
riconosce la band: "Molti ci stanno dicendo che abbiamo uno stile riconoscibile,
identificabile, originale. Ci fa veramente molto piacere. Prima
di tutto per noi
sono importanti i contenuti, i testi, il
nostro modo di vedere le cose e fare musica che vogliamo condividere; poi
cerchiamo la fantasia nella composizione ed una certa originalità. Non ci piace
il tecnicismo sfrenato, preferiamo magari un passaggio tecnicamente semplice ma
d’impatto, che non sia scontato o fine a se stesso. Pensiamo che i nostri brani
abbiano tutti un filo
conduttore al proprio interno, una sorta di “discorso” che
ha un inizio ed una fine, un senso logico che accompagna l’ascoltatore e che,
speriamo, gli faccia sempre venire la voglia di ascoltare il pezzo successivo,
di riascoltare il disco tante, tante volte".
I Wish sono
nati nel 1992 e
l'idea di un concept li accompagna sin dall'inizio. La formazione si stabilizza
nel 1997, il quartetto si avvicina sempre di più al progressive e dopo aver
fondato il proprio studio di registrazione BbBox ed essersi assestato
nell'organico, lavora all'album che diventerà Stay Here My Friends.
Sei brani di prog
moderno, cantato in inglese, ricco di influenze e riferimenti
dovuti ai numerosi ascolti dei quattro membri: "Siamo tutti cresciuti
con Pink Floyd,
Genesis, King Crimson, inoltre è fondamentale citare le diverse
influenze di ognuno di noi: Yes,
Supertramp, ELP, Marillion, PFM, Banco, Orme, Area, ma
anche Led
Zeppelin, Clash, Police, CSI, Afterhours e il cantautorato
italiano più florido di idee come De
Andrè, Fossati. Fortunatamente c’è ancora oggi tanta
buonissima musica in giro e anche molta negli anni 2000: tutti noi apprezziamo
i lavori dei Dream
Theater, dei Porcupine Tree e poi più
recentemente i capolavori di Steven
Wilson con le sue varie collaborazioni. Seguiamo con
attenzione gli Opeth, i Tool, i Big Big Train. In termini di
contaminazione di generi i Radiohead sono
indubbiamente dei maestri, così come i primi Arcade Fire. Tra gli
italiani ci piacciono molto gli ORK
e i Winstons. Anche alcuni tra i migliori lavori degli ultimi
due anni sono nel segno del contagio positivo tra generi musicali all’apparenza
diversi, pensiamo a Sons
of Kemet, Regal Worm, I Hate My Village, Childish Gambino, Flying Colors".
Stay Here My Friends è un disco significativo nel panorama del nuovo progressive italiano, perchè abbraccia passato e presente, fa sua la tradizione del genere e ipotizza nuovi risvolti, anche grafici e visivi: "Il desiderio di partenza era di realizzare un’opera nel senso più completo del termine, prima di tutto per una nostra soddisfazione, ma anche per il desiderio di creare qualcosa di bello, di concreto, di consistente. È stato quindi naturale pensare ad un packaging di qualità, ma soprattutto al coinvolgimento nel progetto di altre forme d’arte: pittura, fotografia, video making. Il progetto doveva trasmettere l’IDEA di fondo, che fosse di integrazione e di completamento rispetto alla musica e ai testi".
Stay Here My Friends è un disco significativo nel panorama del nuovo progressive italiano, perchè abbraccia passato e presente, fa sua la tradizione del genere e ipotizza nuovi risvolti, anche grafici e visivi: "Il desiderio di partenza era di realizzare un’opera nel senso più completo del termine, prima di tutto per una nostra soddisfazione, ma anche per il desiderio di creare qualcosa di bello, di concreto, di consistente. È stato quindi naturale pensare ad un packaging di qualità, ma soprattutto al coinvolgimento nel progetto di altre forme d’arte: pittura, fotografia, video making. Il progetto doveva trasmettere l’IDEA di fondo, che fosse di integrazione e di completamento rispetto alla musica e ai testi".
STAY HERE MY FRIENDS
(Wish Music/Cd Baby)
6 tracce | 43 minuti
Videoclip:
https://www.youtube.com/watch?v=wuhODto8IJc
Piergiorgio Franceschelli, lead and backing vocals;
Giorgio Simonetti, guitars, bass and backing vocals;
Salvatore Patti, keyboards;
Massimo Mercurio, drums.
Info:
Wish:
https://www.wish-music.com/
Streaming BandCamp:
https://wish-music.bandcamp.com/releases
CD Baby:
https://store.cdbaby.com/cd/wish11
(Wish Music/Cd Baby)
6 tracce | 43 minuti
Videoclip:
https://www.youtube.com/watch?v=wuhODto8IJc
Piergiorgio Franceschelli, lead and backing vocals;
Giorgio Simonetti, guitars, bass and backing vocals;
Salvatore Patti, keyboards;
Massimo Mercurio, drums.
Info:
Wish:
https://www.wish-music.com/
Streaming BandCamp:
https://wish-music.bandcamp.com/releases
CD Baby:
https://store.cdbaby.com/cd/wish11
UNA
CONVERSAZIONE CON I WISH
Il vostro disco d’esordio
esce nell’autunno del 2019 ma i vostri inizi risalgono addirittura al 1992.
All’epoca era in corso una nuova ondata progressive, parallelamente
all’emersioni del prog-metal e alla riscoperta di sonorità prettamente anni
’70. Un buon periodo per muovere i primi passi…
Era un bellissimo periodo, durante il quale molte band hanno
avuto il coraggio di proporre cose nuove con un occhio ai grandi del passato,
superando qualche punto di caduta degli anni ’80, ma prendendone anche il
meglio. Il nostro stile è sempre stato pieno di contaminazioni e influssi,
portati nel gruppo da ciascuno di noi; ovviamente il prog è il principale
fattore comune tra i nostri gusti musicali ed in fondo ne è la sintesi, il compimento,
ma all’inizio la nostra produzione non era così marcatamente prog, anzi alcuni
dei nostri pezzi iniziali sono più vicini al classic rock. Anche in Stay Here My Friends sono presenti
tantissimi riferimenti ad altre sonorità, ma certamente la nostra musica nasce
da quel melting pot: il prog classico associato al metal e all’alternative
rock, tanto per fare un paio di esempi.
Stay Here My Friends è il vostro debutto, ma parte da lontano. Dalla vecchia idea
di un concept album dedicato all’amicizia. Sono ancora valide le idee del ’92?
È doveroso premettere che l’idea di un concept album è sempre
stata radicata nei nostri pensieri. Venendo da un comune background prog
fortemente anni ’70 non poteva essere altrimenti. Quando cominciammo nel ‘92
l’idea di un concept era in realtà più rivolta ad un disco che avesse come
tematica le dinamiche di crescita di un ragazzo e l’ambiente in cui egli
diventava adulto, più che l’amicizia in sè. L’età che avevamo era quella giusta
per affrontare questo argomento.
L’idea che dà origine a quello che è oggi il nostro primo
album è nata invece 3 anni fa: comporre un album sull’importanza dell’amicizia
come fil rouge tra passato e futuro. Si tratta di un concept tematico, anche se
sviluppa nei diversi pezzi le difficoltà dell’uomo nell’affrontare gli urti
della vita e, come pensiero di raccordo, quanto l’amicizia sia necessaria
affinchè questi ostacoli vengano superati.
Qualche brano viene da più lontano, qualche altro è molto
recente. Su quelli più datati abbiamo apportato qualche modifica stilistica per
avvicinarci al modo che abbiamo oggi di pensare la musica e i testi. Pensiamo
quindi che sì, siano assolutamente ancora valide quelle idee ed anzi che il
mondo abbia proprio bisogno di idee, di attitudini positive, quindi crediamo
che di essere al passo con i tempi. Con il tempo noi stessi siamo maturati,
abbiamo avuto modo di ascoltare tantissima musica diversa e di affinare molti
dettagli nel nostro modo di concepire musica, cosa che rende il nostro album
quello che è oggi e non quello che avresti magari ascoltato tanti anni fa.
Siete una formazione
dichiaratamente prog-rock, un genere amato e odiato, che riesce a sopravvivere
forte e sano solo se affrontato con una rilettura personale. Che tipo di taglio
danno i Wish al prog?
È un taglio molto personale e molti ci stanno dicendo che
abbiamo uno stile riconoscibile, identificabile, originale. Ci fa veramente
molto piacere. Prima di tutto per noi sono importanti i contenuti, i testi, il
nostro modo di vedere le cose e fare musica che vogliamo condividere; poi
cerchiamo la fantasia nella composizione ed una certa originalità. Non ci piace
il tecnicismo sfrenato, preferiamo magari un passaggio tecnicamente semplice ma
d’impatto, che non sia scontato o fine a se stesso. Pensiamo che i nostri brani
abbiano tutti un filo conduttore al proprio interno, una sorta di “discorso”
che ha un inizio ed una fine, un senso logico che accompagna l’ascoltatore e
che, speriamo, gli faccia sempre venire la voglia di ascoltare il pezzo successivo,
di riascoltare il disco tante, tante volte.
Stay Here My Friends è un lavoro completo, nel quale tutto concorre alla
realizzazione di un messaggio forte, dalla musica alla grafica. Ha senso, in
tempi di musica liquida?
Il desiderio di partenza, il nostro obiettivo, era quello di
realizzare un’opera nel senso più completo del termine, prima di tutto per una
nostra soddisfazione, ma anche per il desiderio di creare un qualcosa di bello,
di concreto, di consistente. È stato quindi naturale pensare ad un packaging di
grande qualità, ma soprattutto al coinvolgimento nel progetto di altre forme
d’arte: pittura, fotografia, video making. Il progetto doveva trasmettere
l’IDEA di fondo, che fosse di integrazione e di completamento rispetto alla
musica e ai testi, che ovviamente sono centrali.
Oggi, è vero, il supporto fisico rappresenta qualcosa che
molti considerano obsoleto, ma viceversa c’è una forte riscoperta del vinile e
del piacere di toccare, osservare, apprezzare i contenuti grafici di un album.
Noi, come appassionati, siamo anche collezionisti e volevamo anche soddisfare
questo aspetto. Visto il riscontro avuto fino ad oggi, stiamo infatti
considerando l’idea di produrre Stay Here
My Friends anche in formato vinile. In fondo uno dei più bei gesti che si
possano fare nella vita è mettere un vinile sul piatto per (ri)ascoltare un
album. Se chi ci ascolta invece sta cliccando su “repeat track” perchè sta
seguendoci in digitale, noi francamente siamo contenti lo stesso. Ci piacerebbe
che chi ci segue sia portato ad aprire il nostro digipack e riguardarne i
contenuti, ma la musica è il centro del nostro messaggio, quindi l’importante è
che ciò sia veicolato.
Domanda inevitabile: quali
sono i gruppi senza i quali la vostra band non sarebbe mai nata?
Sono molti, alcuni comuni, altri più personali.
Siamo tutti cresciuti con i Pink Floyd, i Genesis, i King
Crimson ma, riallacciandoci ai temi della prima domanda, ciascuno di noi ha
vissuto la propria crescita musicale in modo specifico, quindi in questo
“pantheon” di nomi è fondamentale citare le diverse influenze di ognuno di noi:
Yes, Supertramp, ELP, Marillion, PFM, Banco, le Orme, gli Area, ma anche Led
Zeppelin, Clash, Police, CSI, Afterhours e il cantautorato italiano più florido
di idee come De Andrè, Fossati.
È interessante magari sottolineare come siano stati decisivi
per la nostra band, specialmente per i testi e le atmosfere di quello che
componiamo, anche Philip Roth, Pasolini, Kundera, Svevo, Veronesi o registi
come Bertolucci e Leone. Come detto noi crediamo molto nelle commistioni
culturali, la linfa di cui ci nutriamo arriva da più terreni fertili.
Quali sono invece i gruppi
contemporanei, i vostri colleghi di oggi, che considerate più interessanti?
Fortunatamente c’è ancora oggi tanta buonissima musica in giro
e anche molta negli anni 2000: tutti noi apprezziamo i lavori dei Dream
Theater, dei Porcupine Tree e poi più recentemente i capolavori di Steven
Wilson con le sue varie collaborazioni. Seguiamo con attenzione gli Opeth, i
Tool, i Big Big Train. In termini di contaminazione di generi i Radiohead sono
indubbiamente dei maestri, così come i primi Arcade Fire. Nel contesto della
musica italiana ci piacciono molto i lavori degli ORK e dei Winstons. Anche
alcuni tra i migliori lavori degli ultimi 2 anni sono nel segno del contagio
positivo tra generi musicali all’apparenza diversi, pensiamo agli album di Sons
of Kemet, Regal Worm, I Hate My Village, Childish Gambino, Flying Colors, The
Winstons.
Non appena uscito, Stay Here My Friends ha ricevuto una
bella curiosità all’estero, come sempre accade con gli album di progressivo
italiano. Qual è secondo voi il motivo di tale gradimento?
Sì effettivamente soprattutto in Giappone ed in Brasile, al
momento, abbiamo ricevuto molte richieste ed attenzioni. Probabilmente il
pubblico straniero riconosce da sempre nelle cose che facciamo noi italiani un
gusto e una qualità che è anche nelle loro corde. Questo è vero nella musica,
certamente, ma è possibile riscontrarlo in molti campi, come in quello cinematografico
ad esempio. Con questa nostra esperienza, abbiamo avuto modo di percepire la
“fame”, l’enorme interesse che gli stranieri nutrono nella musica prog
italiana: sono costantemente in attesa di novità e quando queste novità
arrivano sul mercato, riscuotono immediato successo. Abbiamo come italiani una
storia artistica alle spalle, dai tempi di Michelangelo e Leonardo, che ci
aiuta e crediamo che il Novecento cinematografico e letterario abbia
contribuito a mantenere viva questa idea. In ambito progressive poi l’Italia è
stata uno dei fari negli anni ’70. PFM
live in Japan è uno dei live più noti in ambito progressive, non a caso.
Wish dal vivo. Stay Here My Friends è un lavoro di
studio e basta oppure la band è pronta anche per il live?
Questo è un lavoro
fortemente da studio, nel senso che abbiamo curato moltissimo le sonorità, con
un’attenzione maniacale nell’uso degli strumenti e nella loro calibrazione; il
mixing è stato molto accurato, abbiamo discusso e condiviso molto. Ovviamente
ci esibiremo dal vivo, ce lo auguriamo presto e ci stiamo preparando per
offrire al meglio le nostre sonorità. Da qualche anno siamo senza bassista, ma
ci stiamo attivando per trovare la soluzione migliore. Le nostre sonorità, come
nel miglior Prog e Rock, sono fatte di pieni e di vuoti, per cui sarà anche
importante per noi riuscire a trovare il giusto set-up per rendere al meglio le
nostre composizioni dal vivo.
Solitamente i dischi
d’esordio hanno con sé tutte le idee del passato, degli inizi, e poi una volta
usciti alimentano nuovi spunti. È il caso anche dei Wish? Ovvero: state già
pensando a un sequel?
Abbiamo moltissimo materiale prodotto negli anni: per
realizzare questo disco abbiamo fatto delle scelte proprio in ragione del
concept tematico sull’amicizia e prediligendo qualche brano, tra quelli
passati, che costituissero un bel biglietto da visita per chi comincia oggi ad
ascoltarci. Abbiamo anche diverso materiale recente e stiamo già scrivendo
nuova musica, per fortuna la vena compositiva non ci manca. L’entusiasmo che
abbiamo sperimentato negli ultimi tre anni ci ha anche dato molta energia
nuova. In aggiunta a ciò abbiamo la nostra piccola casa, lo studio che abbiamo
negli anni allestito ed equipaggiato e che ci accoglie, ci aiuta quando abbiamo
voglia e necessità di registrare qualche composizione e mettere al sicuro
qualche idea. È un’ancora non indifferente, una certezza.
Anche il prossimo album nasce da un’idea molto forte ed un
contenuto importante. Per il prossimo disco stiamo ripescando e riverniciando qualcosa
dal passato, unendo il tutto a dei pezzi completamente nuovi, che già stiamo
cominciando a registrare. Quindi dovremo fare di nuovo delle scelte faticose, o
forse le abbiamo già fatte…!
per gentile concessione Synpress