«La scelta di far uscire
l’EP il 21 marzo non è ovviamente casuale. La data d’inizio della primavera –
stagione della rinascita, della rifioritura, del vitalismo, in cui tutte le
forze sopite durante l’inverno finalmente si scatenano, risvegliando ogni cosa,
richiamando all’amore, all’azione, alla comunicazione – mi sembrava perfetta
per un lancio, poiché evoca molti elementi e significati presenti nel disco,
non per nulla intitolato “Rebirth”.
Si tratta senza dubbio di una rinascita
musicale, perché questo è il mio primo lavoro da solista, ma soprattutto di una
rinascita personale, che coinvolge tutti gli aspetti della mia vita: mi sento
infatti in un momento chiave, in un periodo di profondo rinnovamento. “Rebirth”
è sì un disco che parla di primavera, però scritto in pieno inverno. È come se
ne parlasse dal punto di vista dell'inverno. Ha quel non so che di chiaroscuro,
di contrasto che m'attrae molto. Non è la celebrazione di una primavera vissuta
ma l'evocazione di una primavera attesa, sperata, gustata a un livello
immaginativo».
Dopo un’anteprima in esclusiva su RockON esce “Rebirth”, EP d’esordio di Dheiti, pseudonimo dietro cui si cela
la cantante, pianista e autrice Gemma Conforti.
«Canto da quando ho memoria. La musica è sempre stata al centro del
mio mondo, grazie anche all’influenza e al sostegno della mia famiglia: una
famiglia di buongustai musicali (non a caso mio fratello è diventato un ottimo
flautista). Ho studiato pianoforte, canto lirico e jazz e frequentato una
quantità esagerata di generi musicali, militando in band rock, pop,
progressive, blues e funky. Credo però che la mia anima sia soprattutto legata
al soul e alla musica nera: il blues e il jazz sono i linguaggi in cui mi sento
più a mio agio e, per fortuna, penso di possedere una timbrica che vi si adatta
bene».
Composto da 4 tracce (“Loser”, “Feel”, “A Long Walk” e
“Bud in Bloom”), “Rebirth” si contraddistingue per una certa ecletticità stilistica attraverso cui
l’artista intende presentare le diverse sfumature del suo universo musicale
sintetizzandole ed inglobandole in una proposta coerente che funzioni quasi da
biglietto da visita.
Si tratta, per l’appunto, di un lavoro
eterogeneo che sottintende un tentativo di autoespressione a 360 gradi in
grado di suggestionare anziché spiazzare l’ascoltatore lasciandogli presagire
future (e inaspettate) trame di sviluppo.
Si va da ballate più intime a decise incursioni nel funk rock,
dal pop
rock moderno (che sa passare da momenti più tenui e distesi ad altri
decisamente esplosivi, con brevi accenni di elettronica e bossa
nova) a sonorità in apparenza
più classiche o che comunque strizzano l’occhio agli anni ‘70.
«Non sono mai riuscita ad incasellarmi. Mi sembrerebbe di tradire la
mia natura. Mi sento eclettica e un po’ imprevedibile (non solo per gli altri,
anche per me stessa). In “Rebirth” ho tentato di dare libero sfogo a questa mia
essenza multiforme. Si è trattato di una necessità: ho sempre fatto l’interprete,
ma quando ho intrapreso il progetto dell’EP, sentivo che era arrivato il tempo
di uscire fuori con la mia musica, di esprimermi totalmente, non solo con il
canto».
L’ascolto di “Rebirth”
garantisce, dunque, un breve quanto intenso viaggio sotto il segno
dell’imprevedibilità, la quale, tuttavia, non fa trasparire alcuna confusione
identitaria bensì riesce nell’impresa di comunicare una personalità musicale
colorata e complessa, vero obiettivo dichiarato dall’artista.
«Perché un EP? Ci sono diverse ragioni: quella più pratica è che non
vivevo un momento così sereno da potermi gettare a capofitto in un percorso
lungo ed estenuante come la produzione di un album; il motivo principale è però
un altro: volevo che il mio primo lavoro da solista fosse una sorta di
biglietto da visita. Ritengo di aver proposto quattro brani in grado di
sintetizzare vari lati del mio carattere artistico: da quello più delicato e
intimista a quello più potente e carico di pathos. Insomma, dalla dolcezza alla
grinta, dall’introversione all’estroversione... E poi, diciamoci la verità, per
giudicare un artista, per capire se rientra o no nei nostri gusti, generalmente
non ascoltiamo più di tre-quattro brani, spesso anche di meno. In un certo
senso ho voluto facilitare il processo all’ascoltatore, presentandogli una mia
personale selezione».
Scritto interamente da Dheiti (eccetto “A Long Walk”, cover di Jill Scott riletta in
chiave funk rock), “Rebirth” è stato
arrangiato da Sergio Bertolino e Domenico Anastasio, registrato al Bam Factory
Studio di Sapri (SA), mixato da Sergio Bertolino e Giovanni Caruso e
masterizzato da Salvatore Addeo agli Aemme Recording Studios di Lecco (LC).
L’artwork è di GioStone.
Dheiti è il
progetto solista di Gemma Conforti,
cantante, pianista e autrice calabrese cresciuta a Torino. Dopo aver studiato
pianoforte, canto lirico e jazz, si cimenta in vari generi musicali (rock, pop, progressive, blues, jazz, funky) militando
come principale interprete in diverse band del capoluogo piemontese. Si
definisce “legata al soul e alla
musica nera” ma non ama le etichette, le definizioni troppo strette sia in
senso artistico che personale.
Verso la fine del 2013, mentre risiede in Inghilterra, inizia a
comporre le proprie canzoni, sicura che in questo modo avrebbe dato espressione
più completa e autentica al suo mondo interiore. È così che nasce l’idea di un
progetto solista, giunto oggi, con “Rebirth”,
al primo risultato discografico.
Nel percorso che porta alla produzione dell’EP risulta decisivo
l’apporto di Sergio Bertolino
(cantante e autore degli Enjoy the Void),
con il quale Dheiti aveva già
condiviso alcune esperienze musicali a Torino. L’amicizia e la profonda
conoscenza reciproca convince Dheiti ad avviare una collaborazione con lui,
delegandogli il compito di perfezionare (assieme a Domenico Anastasio) gli arrangiamenti e facendosi introdurre
all’ambiente della BAM!, la bottega
artistico-musicale di Sapri, dove
registra tutti i brani avvalendosi del contributo di musicisti del posto (Tony Guerrieri e Francesco Magaldi, oltre ai già citati Bertolino e Anastasio).