I Pink Floyd tra Zabriskie Point ed Arancia Meccanica con il suono di un muggito.
Può un album
decretare la morte di una band? La risposta è sì. Quante band sono finite,
quanti grossi nomi sono scomparsi dal panorama musicale o si sono trasformati
per fare una fine ingloriosa, oppure finire amaramente nel dimenticatoio? Ci
sono però alcuni dischi che restano immortali, unici, inimitabili, come il caso
di quel disco sulla cui copertina appare una mucca di spalle ma che gira la
testa per guardarti. Potrebbe star bene come pubblicità di qualche politico di
questi tempi, ma a noi non interessa parlare di loro qui, parliamo invece di quell’Atom, Heart, Mother dei Pink Floyd, un
album diverso per la band in rapporto ai precedenti e capiamone i perché. Tre
parole forti legate alla vita, con un ordine ben preciso che lo si capisce
ascoltando il disco (Dio mio non tutti ci riescono), e cioè energia atomica che
genera, amore materno, nascita di una nuova vita. Il primo lato dell’album è
composto da una lunga suite orchestrale che aprirà la strada ad altre
sperimentazioni del genere da parte di altre band in quegli indimenticabili
anni settanta. La suite fu realizzata con l’apporto di Ron Geesin, uno dei
maggiori compositori sperimentali dell’epoca .... ma in musica classica. Ed qui
la splendida idea dei Pink Floyd, quella cioè di unire partiture orchestrali
classiche al loro sound che navigava tra psichedelìa e rock. E poi sappiamo
bene quanto i Pink Floyd con la loro musica abbiano dato tanto al cinema, come
accadde ad esempio con Michelangelo Antonioni per il film Zabriskie Point,
tant’è che anche per Atom, Heart, Mother si mosse addirittura Stanley Kubrick che
pensava di utilizzare alcune parti di quel lungo brano di apertura per il suo
Arancia Meccanica .... ma questa è un’altra storia. Atom, Heart, Mother è da sempre conosciuto come il disco della
“mucca” ma è anche una delle opere più importanti nella carriera della band
inglese, un ritorno ... quasi alla riflessione dopo quanto era accaduto con il
precedente album, Ummagumma, dove le ambizioni solistiche e sperimentali dei
membri della band erano esplose come una bomba atomica. Ed è con la mucca in
copertina che i Pink Floyd tentano di scrollarsi di dosso l’etichetta di band
psichedelica facendo tesoro di quanto, prima di loro, avevano fatto i Beatles,
i Deep Purple, i Nice ed i Moody Blues. E la storia narra che il 2 ottobre
quando in Inghilterra uscì l’album, furono subito spodestati dalle classifiche finendo
in coda al numero uno Atom, Heart, Mother, band come i Black Sabbath che
all’epoca facevano delle altre band un solo boccone con il loro Paranoid, così
come accadeva ai Led Zeppelin che con il loro II cambiavano il genere rock. Atom, Heart, Mother sulle note di
copertina, oltre ad essere accreditato ai quattro membri della band ne
accredita un’altro, quello di Ron Geesin al quale fu affidato l’arrangiamento
per orchestra basato sulla scala di accordi di A Saucerful Of Secrets dell’omonimo album e di Interstellar Overture contenuto in The Piper At The Gates Of Dawn. Eppure, in passato David Gilmour
definì questa produzione come una vera e propria porcheria, ma la storia
racconta che Atom, Heart, Mother è l’album che apre alla definitiva maturità
dei Pink Floyd che non smetteranno mai di crescere. Ed infatti l’anno dopo, nel
1971 pubblicano Meddle, nel 1972 Obscured By Clouds e nel 1973 il capolavoro
dei capolavori The Dark Side Of The Moon. Ah quanto ci mancano gli anni ’70!