giovedì 15 ottobre 2020

Cinquant’anni di spalle per una mucca!

 


I Pink Floyd tra Zabriskie Point ed Arancia Meccanica con il suono di un muggito.

Può un album decretare la morte di una band? La risposta è sì. Quante band sono finite, quanti grossi nomi sono scomparsi dal panorama musicale o si sono trasformati per fare una fine ingloriosa, oppure finire amaramente nel dimenticatoio? Ci sono però alcuni dischi che restano immortali, unici, inimitabili, come il caso di quel disco sulla cui copertina appare una mucca di spalle ma che gira la testa per guardarti. Potrebbe star bene come pubblicità di qualche politico di questi tempi, ma a noi non interessa parlare di loro qui, parliamo invece di quell’Atom, Heart, Mother dei Pink Floyd, un album diverso per la band in rapporto ai precedenti e capiamone i perché. Tre parole forti legate alla vita, con un ordine ben preciso che lo si capisce ascoltando il disco (Dio mio non tutti ci riescono), e cioè energia atomica che genera, amore materno, nascita di una nuova vita. Il primo lato dell’album è composto da una lunga suite orchestrale che aprirà la strada ad altre sperimentazioni del genere da parte di altre band in quegli indimenticabili anni settanta. La suite fu realizzata con l’apporto di Ron Geesin, uno dei maggiori compositori sperimentali dell’epoca .... ma in musica classica. Ed qui la splendida idea dei Pink Floyd, quella cioè di unire partiture orchestrali classiche al loro sound che navigava tra psichedelìa e rock. E poi sappiamo bene quanto i Pink Floyd con la loro musica abbiano dato tanto al cinema, come accadde ad esempio con Michelangelo Antonioni per il film Zabriskie Point, tant’è che anche per Atom, Heart, Mother si mosse addirittura Stanley Kubrick che pensava di utilizzare alcune parti di quel lungo brano di apertura per il suo Arancia Meccanica .... ma questa è un’altra storia. Atom, Heart, Mother è da sempre conosciuto come il disco della “mucca” ma è anche una delle opere più importanti nella carriera della band inglese, un ritorno ... quasi alla riflessione dopo quanto era accaduto con il precedente album, Ummagumma, dove le ambizioni solistiche e sperimentali dei membri della band erano esplose come una bomba atomica. Ed è con la mucca in copertina che i Pink Floyd tentano di scrollarsi di dosso l’etichetta di band psichedelica facendo tesoro di quanto, prima di loro, avevano fatto i Beatles, i Deep Purple, i Nice ed i Moody Blues. E la storia narra che il 2 ottobre quando in Inghilterra uscì l’album, furono subito spodestati dalle classifiche finendo in coda al numero uno Atom, Heart, Mother, band come i Black Sabbath che all’epoca facevano delle altre band un solo boccone con il loro Paranoid, così come accadeva ai Led Zeppelin che con il loro II cambiavano il genere rock. Atom, Heart, Mother sulle note di copertina, oltre ad essere accreditato ai quattro membri della band ne accredita un’altro, quello di Ron Geesin al quale fu affidato l’arrangiamento per orchestra basato sulla scala di accordi di A Saucerful Of Secrets dell’omonimo album e di Interstellar Overture contenuto in The Piper At The Gates Of Dawn. Eppure, in passato David Gilmour definì questa produzione come una vera e propria porcheria, ma la storia racconta che Atom, Heart, Mother è l’album che apre alla definitiva maturità dei Pink Floyd che non smetteranno mai di crescere. Ed infatti l’anno dopo, nel 1971 pubblicano Meddle, nel 1972 Obscured By Clouds e nel 1973 il capolavoro dei capolavori The Dark Side Of The Moon. Ah quanto ci mancano gli anni ’70!