sabato 27 luglio 2019

INTENZIONE, ATTENZIONE, DEDIZIONE: quando il Tutto è maggiore della somma delle parti


Alessandro Staiti è un profondo conoscitore, oltre che estimatore, dei King Crimson. Su di loro ha scritto un libro, articoli interessanti, mi ha trascinato perfino a Londra alla conferenza di Fripp & C., gira l’Europa (probabilmente il mondo se potesse) per seguirli dal vivo nelle loro performance, insomma un vero e proprio patito di questa immensa band che non finisce mai di stupire.
Il post che segue è stato pubblicato su www.dgmlive.com il sito dei King Crimson il 23 luglio 2019 e poi anche su facebook. Per chi volesse approfondire la conoscenza della band inglese eccone la traduzione che lo stesso Alessandro mi ha autorizzato ad utilizzare.

Per me, i King Crimson sono unici nel panorama musicale odierno: non c'è nessun'altra band come loro. Come non c'era nessun'altra band come i KC nel 2000, nel 1993, nel 1981, nel 1974 e nel 1969.
C'è sempre stato qualcosa in più della tecnica (eccellente) dei singoli musicisti, c'è sempre stato qualcosa in più dell'organizzazione verticale e della successione orizzontale delle note suonate dai singoli musicisti o dei tempi pari e dispari dei vari brani. Nel 1969 questa Benevolente Forza che circondava la band era chiamata la Fata Buona, e portò cinque ragazzi appena ventitreenni a cambiare la storia del Rock.
Per me parte di questo "più" è l'Intenzione che sorregge ogni singola performance, l'Attenzione dei musicisti, e la loro Dedizione nei confronti della Musica. Che sono parte del modo di fare le cose di King Crimson


Questo rende i King Crimson unici nel panorama odierno così come li rese unici nel 1969. Solo dal vivo si poteva cogliere appieno questa unicità, come si può leggere dai commenti di chi in quei giorni pervasi da un'atmosfera di cambiamento assisteva alle performance della band. Oggi è lo stesso, nonostante lo Spirito del Tempo sia profondamente mutato. Se la platea, poi, partecipa all'evento con buona volontà e con le stesse disposizioni dei musicisti, allora qualcosa di davvero notevole può accadere. 
Se fosse compresa a fondo l'importanza di questa predisposizione da parte del pubblico, forse vi sarebbero meno smartphone a cercare di cogliere ciò che non può essere colto da nessun tipo di tecnologia, se non in minima parte. Forse vi sarebbero meno commenti a sottolineare le prestazioni dei singoli musicisti nella singola performance e forse vi sarebbe maggiore attenzione all'evento in sé e a quel che sta accadendo in profondità, al di sotto della superficie, dove risiede la vera ricchezza che rende un'esperienza Reale e irripetibile.
"Considerare il tempo, il luogo, le persone e le circostanze" l'assioma suggerito da Robert Fripp si rivela una chiave importante per farsi un'idea più precisa e meno soggettiva di quel che accade. Mi riferisco in particolare ai concerti di Verona, Stupinigi e Perugia ai quali ho assistito. Mi sono ritrovato a dire a me stesso, alla fine di ogni concerto: "Questo è il miglior concerto dei King Crimson che abbia ascoltato". 
Per me, è un'opportunità per notare la mia predisposizione soggettiva all'ascolto, a quanto possa essere suggestionato/influenzato/condizionato dal luogo, dalla compagnia della persona con la quale sto assistendo al concerto e dal pubblico in generale presente all'evento.
Questi ultimi tre concerti italiani mi hanno dato la possibilità di apprezzare i King Crimson in tre luoghi e in tre circostanze molto diverse tra loro: l'atmosfera che si genera tra le antiche mura di un anfiteatro romano come l'Arena di Verona, quella invece tipica di un concerto all'aperto come nel caso di Stupinigi, ma in una porzione di un parco naturale, e quella che si genera invece in uno stadio di atletica usato in occasione di Umbria Jazz per i concerti.
Ognuno dei tre concerti ha avuto i suoi highlight, le sue particolarità, il suo pubblico, le sue differenze acustiche più o meno soddisfacenti. Quello di Verona con un'atmosfera di maggiore sacralità rispetto a quelli di Stupinigi e di Perugia.
A Perugia però si sono concentrate alcune circostanze interessanti: la Luna in fase decrescente ma appena a due giorni dalla Luna Piena del 16 luglio e quindi visibile nel suo bel tondo ancora al 99%, nonostante il tempo incerto e qualche goccia di pioggia che per qualche ora hanno avvolto Perugia. Poi il fatto che quello del 18 luglio era contemporaneamente l'ultima data in Italia ma anche l'ultima data della prima parte del tour che celebra i 50 anni dei King Crimson. Infine una successione di brani in scaletta piuttosto rara e molto coinvolgente.
Nonostante i problemi tecnici di ritorno dei monitor di diversi musicisti sul palco (come ci è stato riferito dopo il concerto) lo show di Perugia mi è sembrato unico nel suo genere. Perché l'impressione è che la band si sia data al pubblico come mai successo prima ai concerti ai quali avevo assistito. Tutto questo nonostante gli smartphone, nonostante la confusione che a tratti ha funestato le prime file con andirivieni di persone e altre situazioni di disturbo.
Credo che questi King Crimson a Perugia abbiano segnato un ulteriore grado di maturazione che avrà le sue interessanti ripercussioni per il futuro di una band che è sempre stata e rimane unica nel panorama musicale.

articolo scritto da Alessandro Staiti