Quando a qualcuno
di voi capiterà di mettere nel lettore questo cd di Colin Spring gli verrà
naturale sedersi in poltrona, chiudere gli occhi ed immaginare di trovarsi in
quelle lunghe strade che negli States percorrono i deserti dell’Arizona
settentrionale, o magari di prendere la chitarra acustica e strimpellare
qualcuna di quelle canzoni che non hanno tempo.
Lontano anni luce dalle
atmosfere alla Neyl Young che di factory ne è stato artefice, anche se
chiaramente in maniera differente, questo disco di Colin Spring, che la
redazione di Rockgarage ha provveduto a farmi avere, lo ascolto volentieri
immaginando di trovarmi davvero in un’auto che viaggia, magari una mustang
verde che è capace di percorrere anche l’immenso Colorado o quella Route 66 che
ha animato i viaggi degli scrittori dei figli dei fiori. E la musica di Colin
Spring in questo How I came To Cry These
Teras Of Cool, disco del 2005, si fa strada oltre che nella mente anche nel
cuore accaparrandosi quando di meglio c’è nel sound di Austin o in quello di
Seattle che non è solo il grunge ma anche altro. E poi tutti questi testi che
vi prego di seguire alla lettera, che parlano di amore ed odio, di dolce ma
anche di amaro, quasi fosse lo stesso liquido che inonda la nostra vita
quotidiana. Colin Spring dimostra con questo How I came To Cry These Teras Of Cool di avere un sound tutto suo,
e non è poco quando si parla di un certo country, capace di combinare in modo perfetto
il suono di uno Springteens da Nebraska con alcune atmosfere acustiche alla
Bowie che solo lui sperimentò, insomma una via di mezzo tra il Boss statunitense
ed il grande Ziggy e non so qui se mi sono spinto un po' oltre certi paragoni.
Di sicuro c’è che questo disco mi ha rilassato talmente tanto da farmi
immaginare di essere proprio lì, si, su quelle praterie sconfinate degli USA
che di questi tempi trumpiani in tanti americani rimpiangono, quella great
America che ci ha sempre fatto sognare in fatto di musica. Probabilmente il
fatto di essere ai più un autore sconosciuto non gioca in favore di una
popolarità che potrebbe incrinare la capacità compositiva di Colin Spring che
in How I came To Cry These Teras Of Cool
mette in fila pezzi semplici ma pieni di poesia. E gli odori che ci
giungono sembrano quelli del primo Bob Dylan o del Donovan che i più di noi
hanno ascoltato fino a rovinare completamente quegli LP che abbiamo nella
nostra discoteca personale. Colin Spring pur avendo una discreta carriera ed
una discreta produzione, con questo album, l’ultimo in ordine di pubblicazione
per ora, sforna una serie di pezzi che offrono una bella e “fumosa” atmosfera
americana tra le quali vanno di sicuro menzionate Lover, There’s A Light On o la precedente Give My Regrets To Broadway. Ma anche gli altri solchi non sono da
meno e quindi lascio a voi la libertà di scegliere quello che più vi aggrada.
Di sicuro non ve ne pentirete di ascoltare un prodotto bello e compatto, fuori
dagli abituali schemi del rock al quale siamo abituati. E poi, un country rock
così dove lo trovate? Fatemi sapere qualcosa.